sabato 6 febbraio 2010

Il furbetto del festivalino

Ma sì, mettiamoci anche noi a (s)parlare del pirata Morgan, quello del Coca libre che si sputtana su Max con le ciance a prova di crack per informarci di quant'è depresso e quanto gli fanno bene le pere a lui che non è contadino, ma che ugualmente semina confusione nelle teste dei fans, altro che Bluvertigo, una vertigine da sballo mediatico per tuffarsi nel nazionalpopolare più bieco, facendosi un Mazzi tanto - dopo avere acceso un cero a Santa Nega - per convincere financo quel bigotto di Giovanardi che Marco Castoldi sarebbe un magnifico testimonial per la pubblicità-progresso contro gli stupefacenti. Il drago dell'antidroga, lo stupidofacente per nulla stupido, anzi, volpino - basta che a Sanremo lo riammettano, magari come ospite di (dis)onore, se non come concorrente, giusto per non procurare un travaso di bile a Enrico Ruggeri. Embé, bando alle ipocrisie, raga, qui sappiamo tutti che gli artisti, o presunti tali, si fanno o ci fanno, e Morgan mica poteva essere da meno, oltretutto dopo avere avuto come suocero Dario Argento, che di incubi se ne intende, avendone confezionato uno come la figlia Asia, con la sua dizione orripilante e l'incapacità a recitare. Insomma, Morgan è bravo ed eccentrico e funziona come personaggio catodico, ma la vita è qualcosa di diverso da X-Factor, dove ti puoi impancare a giudice con la benedizione di Mammarai, ergo non ti allargare, Morganuccio, perché l'invidia è forte, soprattutto fra chi invidia le str...amberie, e tutti sono pronti con lo schioppo per impallinarti. E, diciamola tutta, tu sei un maudit di riporto, un ribelle della mutua, che si accontenta dei cliché e della banalità patinata: da musicista di rottura, sei finito a incidere la cover (bella, molto intensa, filologicamente fin troppo rispettosa) di un brano sanremese - quando i fiori dell'Ariston erano remotissimi parenti di quelli adornanti le chiome di certe fanciulle del flower power appena sbocciato sulla costa pacifica dalle parti della psichedelica e peccaminosa San Francisco -, come quella Lontano dagli occhi di Sergio Endrigo, che aveva grandi qualità, ma che esteriormente non si presentava certo come un allegrone. Alla depressione di Morgan ci credo, un po' meno alla sua fede nelle virtù terapeutiche della cocaina, sia pure non 'sniffata'. Forse per combattere i capogiri da altitudine elevata, come succede ai popoli andini, che però masticano le foglie della pianta e non si impasticcano di roba chimica. Ecco, magari Morgan ha misurato le altezze dell'Auditel e si è accorto che Sanremo rimane pur sempre una località a livello del mare, e che il Festival, come le stagioni, non è più quello di una volta. A ridosso della sua epifania in Riviera, avrà concepito la furbata pour épater les bourgeois e consentire al Giovanardi di turno di recitare il proprio ruolo di feroce censore. Tra un po' sfileranno le tavole del palcoscenico da sotto i piedi di quanti indulgono alle sigarette, figuriamoci se un cocainomane inquieta dopo le macerie morali di GF e simili... No, se Morgan avesse voluto veramente scandalizzare, si sarebbe dovuto dichiarare evasore fiscale. Allora sì che i buonisti lo avrebbero arrostito sulla pubblica piazza!

mercoledì 6 gennaio 2010

Pene d'amor perdute

La fretta non è mai una buona consigliera, come ci insegnano i cultori dello slow food e gli esteti dei cari vecchi tempi, ma la modernità e la post-modernità viaggiano con il cronometro in mano e ci misurano la pausa caffé con la stessa spietatezza del ministro Rotondi. Anche gestire i sentimenti e le emozioni è divenuto un lavoro che richiede efficienza, onde evitare antieconomici scoraggiamenti e deleteri esami di coscienza. Non ci si può gingillare con rimorsi o rimpianti, né indulgere a colpevoli resipiscenze. Bisogna archiviare sospiri e lamenti, una volta conclusa la pratica, senza lasciare fuori manco una pansé o l’eco superstite della canzone che ci aveva cullati fino al giorno prima. Altro che signorinelle pallide del quinto piano, nostalgie canaglie o libri galeotti nei cassetti, cascami di casqué o madeleines proustiane prostranti! Più facile a dirsi che a farsi: le elaborazioni del lutto, quando finisce un amore, sono faccende maledettamente complicate, con rituali da affidare ai sacerdoti dell’inconscio quali lo psicanalista o il barman. O dovremmo dire ‘erano’? Nell’Austria felix (etichetta di comodo quanto mai appropriata nella fattispecie), sembra siano arrivati a commercializzare in farmacia una pilloletta per saltare a pié pari le costose sedute sul lettino del terapeuta o al bancone del bar: si chiama, guarda un po’, Amorex, e consentirebbe di bloccare all’istante la sofferenza per la dipartita di una bella fedifraga o di un fustaccio tamarro insensibile. Più nessuna ricerca spasmodica di fallaci scacciachiodi o di amici disposti a sorbirsi i nostri pianti greci per la svanita felicità. Più nessun dispendio di energie sul lavoro o in palestra, o esiziali ricorsi allo shopping compulsivo per ovviare all’improvvisa carenza di affetto. Più nessun attentato alla propria salute fisica e mentale tramite bagordi gastronomici per compensare il deficit di coccole. Più nessuna crisi mistica, o conversione politica, o stazionamento perenne sul blog, per esorcizzare il dolore provocato da una squinzia crudele o da un figaccione fetente. Tutto risolto nel tempo di buttare giù un bicchiere d’acqua che accompagni il miracoloso farmaco. Nessuno si macchierà più del reato di stalking , forse con lieve disappunto della ministressa che aveva appena finito di redigere la norma; nessuno minaccerà più il suicidio per recuperare l’amato bene; nessuno si apposterà più sotto la casa del medesimo per costringerlo a recedere. Rimane solo il piccolo dubbio se qualcuno continuerà a pretendere gli alimenti, ma questo forse esula dal concetto di elaborazione del lutto. Quanto ai menestrelli che campano sugli amori andati a male, vadano pure fuori dai Baglioni.