venerdì 16 novembre 2012

Piccole secessioni crescono

Vi sia pure chi ci vedrà soltanto folklore, ma una spia benché minima, quantunque già significativa, del disagio prodotto in una fetta non ancora quantificabile di cittadini USA dalla rielezione del sor Barack alla Casa Bianca, per la quale, more solito, si è mobilitata una percentuale inferiore alla metà degli aventi diritto, in misura quasi uguale per favorirla o per contrastarla, di là dagli accenti trionfalistici della claque mediatica, più fracassona nel Vecchio che nel Nuovo Mondo (come se l'avvento, quattro anni or sono, del Messia sposo di Michelle non fosse coinciso con la temperie speculativa piegatrice degli assetti economici europei, originata di rimbalzo dalla bolla figlia degli avventurismi delle banche a stelle e strisce, che avrebbero poi trovato proprio in Obama il deus ex machina salvifico, sulle orme di quel Clinton loro paladino), ebbene, si cela in una notizia non casualmente nascosta dai grandi organi d'informazione - e deformazione -, che tanto si assomigliano su entrambe le sponde dell'Atlantico: da noi, è vero, si ciancia di Catalogna e Scozia e Baviera e Veneto, per esecrarne le pulsioni autonomistiche, se non addirittura secessionistiche, ma intanto anche il corpaccione dell'Unione difesa a suon di cannonate dal liberatore degli schiavi neri Lincoln sembra percorso da fremiti febbrili, che rimandano alla volontà di riappropriarsi del proprio destino alla faccia delle mene bilderberghiane e trilaterali, i cui fasti sono stati celebrati in questi giorni in quel di Roma, quasi a ribadire che la sorte dei popoli è l'ultima cosa che interessi ai bastardi della finanza vogliosi di trasformarci tutti a colpi di gabelle in dipendenti ossequiosi e nullapensanti, anche a costo di sacrificare i consumi e la crescita di intere nazioni. Anche stavolta sarà l'America a salvarci, con il paradosso di un risorgente isolazionismo contraddicente quella globalizzazione ormai archiviata come verbo di speranza, quantunque concretamente perseguita nei più remoti anfratti dell'orbe? Parrebbe che, dal Texas all'Alaska, passando per il minuscolo Delaware, senza distinzione fra seguaci dell'asinello e dell'elefantino, sia un pullulare di petizioni popolari per staccare questo o quello stato da Washington ladrona, vista magari a torto come sentina di vizi burocratici dagli abitatori dell'America profonda, soprattutto dopo le sciagurate scelte del governo centrale in tema di riforma sanitaria e di salvataggio delle banche. Qualcuno ha avuto l'ardire di conteggiare le iniziative partite dalla periferia per provare perlomeno ad avvertire l'amministrazione centrale che manco l'idea di Stati Uniti si può considerare eterna, scoprendo che già sono trentadue gli stati dove gruppi più o meno numerosi di cittadini si danno da fare per raggiungere con tale messaggio i padroni della politica federale. E non è da dire che siano i più ricchi, o i meno poveri, a voler dare un taglio al sogno di un'unica bandiera, siccome pure in California, un tempo terra promessa per antonomasia e oggi condotta sull'orlo del fallimento, vi sono persone che ambirebbero fare a meno dell'onnipresente stato centrale. Ed è uno choc salutare per gli innamorati del luogo comune dell'estrema mobilità che caratterizzerebbe i cittadini a stelle e strisce, i quali, pur così avvezzi a spostarsi da uno stato all'altro, capiscono meglio di chiunque altro la validità del principio di concorrenza, al punto di volerlo trasporre anche nel campo della cittadinanza; infatti, ciò che non comprendono gli ostili al riconoscimento del diritto di secessione è quanto sia importante, non la secessione in sé, bensì in quale modo si seceda. Per costruire una società più liberale, magari, da contrapporre a chi invece ha fatto della burocrazia e dell'ipernormativismo un dio. Gli Stati Uniti non si frantumeranno domani, ma forse la perdita di qualche pezzo, anche piccolo, di territorio, potrebbe valere da monito per i governi d'Europa, che inseguono l'utopia mortifera dell'omogeneizzazione centralizzata, uccidendo l'anelito di libertà di popoli non disposti a morire per le banche e per i pareggi di bilancio che sbilanciano famiglie ed imprese.

mercoledì 10 ottobre 2012

Beferotrofio

Non auguro certo ad Attilio Befera la fine del conte Prina, avendo in orrore i linciaggi. A proposito di quel tragico episodio, finito addirittura in proverbio nella lingua meneghina per indicare una sorte miseranda, ancora oggi si vocifera che a sobillare la plebaglia - in realtà composta per lo più da borghesi ridotti in rovina dalla sciagurata fantasia tassatoria del brillante avvocato piemontese (sembra quasi un destino dei miei corregionali venire ricordati come impositori di gabelle fra le più odiose, come la tassa sul macinato voluta dall'altrimenti stimato Quintino Sella) - fosse stato il conte Federico Confalonieri, in seguito sodale del Pellico durante i moti carbonari di sette anni dopo, mentre altri, più avvezzi ad agiografare i protagonisti risorgimentali, puntano il dito contro il 'cattivo' dell'epoca, vale a dire l'Austria di Metternich. Ora, il gran capo di Equitalia e dell'Agenzia delle Entrate è, a differenza del ministro napoleonico, solo poco più di un esecutore di disposizioni provenienti dall'alto, ma un esecutore di quelli che fanno la fortuna e la vergogna del proprio principale, nella fattispecie il premier Mario Monti. Un algido condottiero che sa evidentemente riconoscere chi ben lo serve magari 'pensando al regno', come non troppo tempo fa si è sussurrato giusto del conte Attilio (il paragone con il cugino di don Rodrigo è suggerito dalle mene di quegli per favorirne la prevaricazione sulla povera Lucia, di là dalla scommessa fra i due sulle possibilità di successo dell'impresa), dato quasi per certo candidato alle prossime elezioni politiche nel partito di Casini. Ecco, che tale sussurro non sia ancora divenuto un grido, può dipendere dall'insieme ferreo e plumbeo proposito del mandante dello stesso Befera, che su tanti proclami raccolti nella propria agenda, santificata da tanti piddini e pidiellini a prescindere, ha assunto il passo del gambero, ma non certo riguardo al tritacarne fiscale, oliato dal moralismo deteriore di schiere di plauditores a buon mercato, consapevoli che il traguardo finale dell'imposta patrimoniale, una tantum o fissa che sia, sposterà ancora di più in avanti la già difficile uscita dal tunnel della crisi. Monti ha una fretta indiavolata di monetizzare il proprio sforzo tassatorio, a dispetto delle cifre che lo condannano, e l'unica mano che può spingerlo è quella borsaiola di Equitalia, che avrà campo libero nel periodo precedente il voto per sfoderare tutto l'armamentario di cui dispone e aprire un fuoco di fila senza precedenti su contribuenti onesti e gaglioffi, soprattutto sui primi. Befera deve rimanere al proprio posto: è questo il senso della proroga imposta dal governo per la concessione ad Equitalia del compito di riscuotere i tributi. I Comuni, che si sarebbero volentieri sbarazzati della 'gioiosa macchina da estorsione' per incassare in prima persona i balzelli, sono rimasti fregati: il 'magnifico monopolio' equitaliota non vacilla, grazie all'ennesimo sberleffo alla logica della concorrenza, con tutti gli agi e gli aggi ai beferoidi scatenati. E c'è chi sospetta un accordo segreto con le grandi municipalità, a parole critiche verso i metodi da racket della banda capitanata dal conte Attilio, ma sotto sotto preoccupate di non raggranellare i dindi necessari alla propria sopravvivenza, se non appunto appoggiandosi ai sistemi spicci di Equitalia, che è il contrario dell'AIDS: "se la conosci, non la eviti" (perché ti fa comodo). I lavori sporchi, le cartelle pazze, le multe ai genitori dei bambini che fanno il mercatino dei fumetti ai giardini pubblici, spettano ai professionisti del procurato lastrico. Ora è legge e i sindaci hanno poco da discutere, ma solo da risparmiare sui lampioni quando vien la sera. Cassandra, la profetessa di sventure, è ancora in circolazione, ma con la 'spendinreviù' si è tolta le ultime quattro lettere dal nome: adesso si chiama Cassa. Continua, come un tempo fu la lotta. E, se non potrà candidarsi dovendo portare avanti il superlavoro, Befera forse avrà, al pari del suo padrone, un laticlavio a vita.

sabato 15 settembre 2012

Tutti addosso al Marchionne pinocchio

Non ho mai avuto una particolare simpatia, forse perché torinese, per i vertici FIAT, a cominciare dal sopravvalutatissimo Avvocato con l'orologio sopra il polsino. Ho sempre pensato che la massima industria automobilistica italiana, oltre a produrre catorci smerciabili solo a gente di bocca buona e dal portafoglio in gramaglie, fosse brava esclusivamente nel privatizzare i profitti e socializzare le perdite, facendosi aiutare in maniera sfacciata da governi di calabrache di vario colore. Ma oggi mi debbo forse ricredere, sempre che l'uomo dal maglioncino non mi sorprenda con l'ennesima giravolta, che sembra un po' il suo vero marchio di fabbrica: due anni fa, in pompa magna, il fratello normale di Lapo aveva annunziato che, sì, il colossino nato dall'intesa con la Chrysler non si sarebbe disimpegnato dall'attività nostrana e, anzi, le avrebbe dato nuovo impulso. Adesso ci vengono a dire, il Sergio e il John, che non è cosa, che ci hanno ripensato, che il progetto 'Fabbrica Italia' non gusta più ai piani alti di corso Marconi. E il guaio è che, pur fedifraghi e mancatori di parola, hanno ragione loro. Lasciamo perdere Nostra Signora della Permanente e Bonanni-D'Artagnan, che in fondo fanno (male) il loro lavoro, che è lo stesso da cinquant'anni e più, e per il quale li dobbiamo ringraziare dal profondo del cuore, giacché, se non ci fossero, i nostri partitanti non potrebbero tirar fuori a ogni pié sospinto la magica paroletta 'concertazione'... ma che ci fanno, nel coro dei bacchettatori di Marchionne, la leonessa Elsa e il passerotto Corrado, ministri di un governo sedicente tecnico, infarcito di professoroni di economia, che dovrebbero capire per primi le ragioni di un'impresa? La FIAT ha munto finché ha potuto dalla mammella dello stato, creduta inesauribile fino a quando la parolaccia 'spread' non è entrata prepotentemente nel vocabolario di tutti gli avventori di tutti i bar d'Italia. Sergio e John, due anni fa, annusavano un'aria meno mefitica di quella odierna, a prescindere dai loro tubi di scappamento, se li vogliamo considerare sinceri (come se ce ne fregasse assai...), ma le convenienze si misurano sul numero di bastoni che la politica mette fra le ruote di chi voglia davvero decollare e non semplicemente rollare sulla pista. Quando non si può più vivere di rottamazioni, i rottami si riciclano. Magari fuori dai confini.

martedì 17 luglio 2012

Otannicnic

Chi sa perché, non riesco ad appassionarmi al dibattito sul ritorno del Berlusca: egli, che ha sempre vantato la propria estraneità al teatrino della politica, cui peraltro ha contribuito alla grande - né sarebbe potuto avvenire altrimenti, considerando la politica alla stregua di un enorme palcoscenico quale effettivamente è (il suffisso 'ino' vorrebbe spregiare tale caratteristica, ma rimane solo la fotografia di una parodia) -, non si è saputo distinguere dai suoi avversari manco nella rinunzia dignitosa a calcarne le tavole. Il tempo del Silvio incantatore di serpenti è irrimediabilmente trascorso. Oltretutto, rientrando nell'agone, il Cav mostra soltanto di voler salvare ciò che non merita di venire salvato, vale a dire un partito che appoggia un governo di incapaci alle dipendenze di un vecchio barbogio già complice di nequizie ben peggiori di tutte le sciocchezze montiane. E come vuole risolvere l'attuale contingenza il bollito di Arcore, con le barzellette o spezzando le reni alla Minetti (honni soit qui mal y pense)? Non abbiamo bisogno di cincinnati alla rovescia per farci male più di quanto avvenga ora.

giovedì 12 luglio 2012

O capitano, mio capitano!

Capitan Codardo o capitan Furbetto? L'ultima bischerata che vorrei sentire dai mastri pensatori della morale un tanto al chilo, scandalizzati per il 'sottile' compenso elargito da Mediaset allo Schettino per la sua apparizione televisiva dell'altro ieri - una specie di Fatima a gettone in nome del sacro diritto di cronaca, lo stesso invocato dagli intercettatori forsennati, organici alle manie di grandezza di certi procuratori restii a passare di moda -, è che in tutti noi alberga almeno un cicinino del comandante della Costa Concordia, donde il meritarci l'esibizione del medesimo in prima serata senza che il fegato ci roda più di tanto. E se l'odiens o lo scèr, o quel diavolo che sia, premiano siffatte comparsate, o diamo l'assalto al Palazzo d'Inverno del Biscione con i forconi risparmiati contro le nequizie dei fiscaroli al potere, contraddicendo la nostra vocazione al trangugio delle merdate sesquipedali, o ce ne stiamo zitti e buoni, che in fondo sarebbe la cifra perfetta del popolobuismo imperante, più delizia che croce per gli intelliscemi abilitati al cazzeggio etico. Il Moige ancora non si è scagliato addosso all'intervista prezzolata al re dei vigliacchi dei sette mari? Ottima non-notizia, degna di non-festeggiamento, non-paradigmatica dei paradogmi di chi non riesce a concepire il mezzo televisivo alla stregua di uno dei fini più potenti (ancora, a dispetto della rete ubriaca delle peggiori sciocchezze) della nostra epoca. Schettino in tivù è un cazzotto ai fautori del vestalismo più retrivo, che si beve compiaciuto gli ettolitri di sangue delle serie poliziesche americane, a base di C.S.I. (nostalgia dell'acronimo succeduto per breve tempo alla gloriosa Unione Sovietica?) e del Dexteronomio killerotico trionfante sui sopori Law and Order, ma s'inquieta per una sillaba fuori posto di un candidato a corda e sapone mediatici, oggettivamente antipatico senza manco il riscatto dell'intelligenza (personalmente, avrei qualche problema a stringergli la mano), eppure troppo umano, almeno nel sembiante, per non avere diritto a mostrare, a chiunque ne abbia lo stomaco, il proprio sbilenco coin de vue, monetizzando financo il disgusto altrui, giusto per non lasciare in povertà gli avvocati che lo dovranno sostenere in una causa da far tremare le vene e i polsi a uno meno spiaggiato di lui. Se fosse andato al Grande Fratello invece che a Quinta Colonna (di quale nemico?), sarebbe stato il Pulp Fiction dei reality, ma così il Salvo nazionalpopolare ha fatto la sua porca figura, suscitando le invidie dei cronisti specialisti nei 'faccia a faccia' con il mostro di turno. Lo strascico dei pistolotti lo lasciamo alle spose del conformismo, le quali dubito avrebbero gridato alla propria virtù violata se i dindi per Schettino li avesse sborsati il servizio pubblico. Spendinreviù a tutti!

mercoledì 20 giugno 2012

Bandidos!

Da fuorilegge, da appestato voglioso di essere untore e di dare la birra ai birri dell'Agenzia delle Entrate, non posso che levarmi tanto di cappello dinnanzi al capoccia di costoro, il sor Attilio dimorante nel cuore di Monti e del suo mentore Napolitano, il quale, se potesse, son certo lo farebbe baronetto per i tanti meriti fin qui accumulati nei confronti della gloriosa Terza Repubblica, che non trema davanti alle equibombe e non arretra di fronte ai mugugni e ai mal di pancia dei contribuenti, cui peraltro fa da contrappunto il trionfale mettersi a novanta gradi dei medesimi nel momento della verità, allorquando, lungi dall'impugnare i forconi per lunga fiata agitati in rete, sette proprietari di casa su dieci hanno deciso di accondiscendere all'esborso della prima rata dell'imposta-zombie denominata IMU, magari pensando con ciò di allontanare da sé lo spettro del salasso dicembrino (che pure vi sarà, a scorno degli eterni ottimisti, e che i media appecoronati rappresenteranno di certo come la giusta e sobria vendetta del potere fiscarolo nei riguardi dei parassiti evasori; ah, se non vi fossero costoro da destinare alla gogna, come potremmo vivere?). Con encomiabile sollecitudine, invero un po' sospetta, ha provveduto la Consulta dei CAF, braccio armato di quei sindacati che da sempre reggono con piglio manageriale l'INPS, socio di minoranza nella benemerita Equitalia, a informarci dell'esito di quell'autentico voto di conservazione costituito dalla scadenza del tributo ammazzamattoni: una sorta di referendum confermativo per i tassametri viventi (?), per i balzellosauri impegnati a fare 'marameo' al pericolo della propria estinzione, alla faccia dei proclami trucibaldi di rivolta fiscale circolati sul web in questi mesi di passione altrimenti spenta. Santanché Santanché, di ribelli non ce n'è! Logora Lega, dei tuoi appelli chissenefrega? Ragazzi, ragazzi, e mo' sono... ! Insomma, ci si è divertiti a minacciare sfracelli e poi, buonini buonini, timorosi di ricevere cartelle esattoriali da far stramazzare un toro, si sono ripiegate le bandiere masanielle e si è indossato il loden per proteggersi dall'anticiclone Scipione. La squadra azzurra di calcio ha suonato l'Irlanda del Trap, ma è un caso isolato, giacché per il resto Dublino ci ha riservato una lezione coi fiocchi, insegnandoci come si deve comportare un popolo davanti all'arroganza degli sceriffi europei: l'equivalente gaelico della gabella sul focolare è stato spernacchiato, nell'isola dei trifogli, da cinquanta cittadini su cento. Qualcuno dirà che quelli stanno peggio di noi, e che molti non sono manco in grado di versare l'obolo, ma sono fregnacce: la realtà è che arriva un momento in cui si oltrepassa la soglia della sopportazione e non ti spaventano manco più le sanzioni, perché la rabbia verso l'ingiustizia e le prepotenze del potere ti dona una percezione migliore di quel che andrebbe fatto. Ecco, a me la storia di Socrate che beve la cicuta per rispetto verso la legge mi ha sempre dato la nausea, parendomi una boiata sesquipedale, di là che a raccontarcela sia quel gran paraculo di Platone, da cui discendono per li rami lo stato etico di Hegel e il governo dei tecnici di Monti. Se la mia coscienza trova che una tassa sia ingiusta, perché colpisce un bene primario dell'uomo, allora mi sento legittimato a mandare al diavolo tassa e tassatore. Vabbuò, "modus est in rebus" e talora ci si accontenta di votare un ometto che fa 'cucù' alla Merkel, salvo poi chiamarla 'culona inchiavabile', giusto per la di lui promessa di togliere di mezzo il balzello, salvo poi reintrodurlo di soppiatto una volta gabbato lu santo, cioé vinte le elezioni. Ma, appunto, a dar retta ai politici si finisce male. Da ieri l'altro, provo l'ebbrezza di essere un 'wanted' per i beferoidi che ci hanno invaso, corrompendo pure la nostra gioventù: spero solo che non sia un infante delle elementari a indicarmi con il ditino accusatore, quando dovessi incrociare una pattuglia di finanzieri. Come nella canzone di Boris Vian 'Le déserteur', dovrei andare per le strade di Bretagna, di Francia e di Alemagna per propagandare il verbo dell'obiezione fiscale, ma il vantaggio della rete è che non vi è bisogno di spostarsi troppo. Non escludo che la Lodensprung introduca il carcere per gli evasori (concetto ossimorico e contrappassistico anzichenò), senza sottilizzare fra costoro e gli obiettori. Ah, in estate arriverà la stangata sulle bollette di luce e gas, ma ancora non sarà la festa dell'ingrasso per i tarantolati della RAI, che sognano di agganciare il canone alla prima (più avanti, e vedremo se Passera dirà che è un'idea 'repellente'...). Personalmente, lancio la proposta di firmare una petizione sul sito www.petizioni24.com (ahinoi, ci precludono i referendum sul fisco) per introdurre la decadenza automatica delle accise ultraquinquennali sui carburanti, che ci costano direttamente - poco - e indirettamente - moltissimo -, oltretutto con il sistema truffaldino di applicare l'IVA sul prezzo della benzina comprensivo di tali tributi.

sabato 19 maggio 2012

Sindrome da IMUdeficienza acquisita

La rivolta fiscale verrà. Silenziosa e letale. Non tanto silenziosa, forse, se a qualcuno pungerà vaghezza di tirare fuori i forconi, come paventano i sindaci italiani, incastrati nel ruolo di esattori da un governo inetto e deboluccio nel far di conto. Si sta respirando una brutta aria, per chi vorrebbe mantenere i sudditi imbalsamati nel rispetto di norme inique e vessatorie, come spesso sono quelle che regolano l'arraffamento delle risorse private da parte del Leviatano statale: l'impressione è che stavolta manco Socrate accetterebbe di bere la cicuta, dovendo fronteggiare tenutari del potere così sprezzanti del buon senso da minacciare bagni di sangue qualora la loro creatura prediletta, la dannata IMU sorta dalle ceneri dell'ICI per una resipiscenza furbastra del Cav già in odore di giubilamento, venisse azzoppata dalla legittima indignazione popolare. Verrà il fisco e avrà i tuoi occhi, sembrano promettere quelli della Lodensprung, ormai tarantolati dalla paura che crolli in maniera catastrofica il castello di bugie costruito sulla spocchia di chi si sentiva investito dal dio dei 'poteri forti' di una missione salvifica, subito contraddetta dalla gragnuola di balzelli con cui si è sotterrata ogni speranza, pur minima, di innescare anche solo una parvenza di crescita, d'altro canto difficile da ipotizzare in un contesto di crisi sovrannazionale. Ora, se è vero che il Mariuolone Monti ci è stato appioppato da San Napo su ordine dei gerarchi mastriccionici - chi non ricorda il diktat del rompino Van Rompuy? -, è altrettanto vero, come si è ripetuto fino alla nausea, che il Bokkoniano amaro ci viene fatto quotidianamente trangugiare dall'insipienza dei politici nostrani, ben lieti di demandare ai prof il lavoro sporco che non hanno il coraggio di compiere ancora adesso, a più di sei mesi dal laticlavio regalato sulla fiducia all'uomo della Trilateral (e di Goldman&Sachs), alla stregua di un Nobel qualsiasi affibbiato a un altro campione dello Yes, we can, che perlomeno la sua elezione se l'è sudata in giro a sbaciucchiare pupi e a titillare l'orgoglio della propria gente. Ma se il sobrio per antonomasia non riuscisse a portare a termine il compitino per il quale è stato scelto, cosa succederebbe a lui e ai suoi mandanti nazionali? Esclusa la morte per fame, tuttavia qualcuno potrebbe cominciare a guardarlo un po' come accadde al conte Ugolino, con la differenza che, in luogo dei figli da mangiare, il nostro eroe in grigio si troverebbe sulla coscienza milioni di connazionali spolpati, senza la consolazione di avere centrato nella partita del bilancio la X pronosticata con tanta sicumera. A meno che, appunto, i candidati allo spolpamento non decidano di dribblare in extremis la linea d'attacco dei Befera Boys, la squadra per la quale tifa il bassotto della Merkel, mandandola in fuorigioco. Qui non si tratta di avere Grillo per la testa, bensì di usare la medesima per scompaginare i piani di bottino (ventuno miliardi!) della cricca miliardaria al governo e, di riflesso, della furfanteria partitante che le regge il moccolo. Altro che astensionismo, schede bianche o voto a comici scambiati per statisti! Ricorrendo a un'espressione cara a un democristo trasmigrato a sinistra, sarebbe un vero segno di discontinuità con il passato tagliare (dal basso) i viveri alla casta politica. Risparmiando i dindi destinati all'IMU con il negarli innanzitutto ai sedicenti 'tecnici' tesi alla propria sopravvivenza politica, si farebbe un gran bene al Paese reale e si svelerebbe la nudità dell'imperatore Monti, esponendolo alla vendetta dei suoi committenti. Se financo i capoccioni del Fondo Monetario Internazionale, con tutto il pelaccio che hanno sullo stomaco, mostrano orrore per la mitragliata di tasse del governo di Der Kommissar, significa che il tempo è venuto: non si tosano le pecore cui siano spuntate le zanne. La Lodensprung ha già evidenziato la propria intrinseca debolezza nel contrastare chi le si opponga a muso duro (Fornero docet): è ormai da settimane che Befera viene rampognato per l'eccessivo presenzialismo catodico, a dimostrazione che Monti qualche dubbio sulla strategia del balzello forse lo sta coltivando, senza peraltro poterlo dire per non sputtanarsi completamente. Anzi, il timore che si incattivisca da qui a dicembre, di fronte a una possibile 'bagnata' in occasione della scadenza della rata d'acconto IMU, è più che fondato, ma, paradossalmente, vi è da augurarsi che così avvenga, in modo da convincere anche i più riottosi a dare corpo alla rivolta fiscale nel momento del conguaglio dicembrino. E, per favore, non si blateri di antipolitica: a tale proposito, si dovrebbe finalmente dissipare l'equivoco su cosa davvero vogliano gli antipolitici, i quali sbraitano contro la casta, ma nello stesso tempo continuano a invocare lo stato-mamma, a differenza di molti (non tutti) fra i grillini, sinceramente convinti che possa esistere un altro modo di fare politica (non è detto sia quello giusto...). Verrà la rivolta fiscale e avrà la testa di Monti.

venerdì 13 aprile 2012

Risposta al montiano Marsonet

http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=34367

Non sono un bokkoniano e non sono manco laureato, perciò dovrei starmene zitto e umile e sottomesso al cetriolo gigante approntato da quei pozzi di scienza economica calati dall'empireo quirinalizio a miracolo mostrare? Tutti insieme, quelli della Lodensprung, dal passerotto alla fornerina, mi stanno forse conducendo verso la magica Shangri-la, con l'aiuto dello sherpa Befera, uso ad arrampicarsi su un Himalaya di specchi per giustificare come mai il tanto magnificato recupero dell'evasione abbia finora sortito l'ennesimo 'ottomila' di tasse e balzelli, in luogo del topolino di un minimo abbassamento di una qualsivoglia accisa, foss'anche riferita al terremoto di Messina? Andassero a spalare il mare, Mariuolone e Lady Tears, giusto per raccogliere la rumenta di
una gabella sull'orchite dei pesci! Ella, caro professor Marsonet, appartiene di diritto alla schiatta degli utili intelligenti, abbagliati per troppa scienza dal sole malato del dio Fisco-Aton, l'unica divinità degna di essere adorata in pieno XXI° secolo con sacrifici umani! Con quale toupé ci viene a proclamare non esservi alternativa al dissanguamento generalizzato e alla prostituzione di chi
gode a manutenere il priapo bancario, che nega prestiti al colto e all'inclita pur di non sganciare un dindo di quelli elargitigli da Mastriccionia (che fa rima con Babilonia, la gran puttana dell'Apocalisse)? Pozzi, sì, ma senza fondo... al pari dei partitanti, delle camusse e delle marcegaglie che si strusciano loro addosso!


P.S. - Mi scuso per l'inusuale (per me) abbondanza di punti esclamativi. Confesso di averne raccolti molti per strada, cercando di star dietro agli adulatori del Sobrio, che li perdevano fin dalle maniche, come avviene ai bari di professione.

martedì 27 marzo 2012

Calabresi santino della sinistra?

Assolto dal regista cantore de La meglio gioventù (troppo buono... !) per il defenestramento di Pinelli, sembra proprio che il commissario Calabresi si avvii a diventare una micro-icona del popolo di sinistra ai tempi dello 'spredde' e della confusione mentale sui salvatori d'Italia a colpi di balzelli. Pare, insomma, che siano state le sempiterne forze oscure della reazione in agguato a decretarne la morte, 'sparandolo' a tradimento per impedirgli di far luce sulle loro sporche mene. Ancora deve uscire nelle sale l'ultima fatica cinematografica dell'ineffabile paraculo Marco Tullio Giordana, che piglia le mosse dall'eccidio di Piazza Fontana per riscrivere, alla stregua d'un bignamino del politicamente corretto, un biennio cruciale della storia italiana, fino all'annientamento fisico di un coraggioso funzionario di polizia già massacrato ripetute volte in effigie dalla peggio intellighenzia italiota, coalizzata contro un sol uomo, ridotto a uomo solo, a imperitura vergogna dell'alta borghesia progressista di quegli anni e degli anni a venire, e già fioccano le polemiche, che il furbo filmarolo contiguo a tale ambiente sfrutterà per pubblicizzare il proprio 'capolavoro', dove è presumibile che il taciuto sovrasti di gran lunga financo le verità di comodo da inoculare a spettatori per lo più ignari di quell'epoca travagliata. Ci sono tanti modi per ammazzare una persona dopo la morte, e l'ipocrisia, la reticenza programmatica, il travisamento cercato, sono l'estremo tentativo di seppellire l'ombra di Banquo dei nostrani rivoluzionari da salotto. Farsi belli con il parce sepulto riservato al nemico di classe è l'ultima astuzia di una manica di mediocri nostalgici dell'egemonia culturale che fu. Un soprassalto inquietante, che ci auguriamo non venga metabolizzato dagli adoratori del vuoto pneumatico oggi diffuso.

venerdì 16 marzo 2012

Pacco, paccata e contropaccata

Monti è il pacco rifilatoci da quegli Insinna di terza mano che sono i burosauri di Mastriccionia. Già antipatico di suo, piacendo alla gente che piace secondo la pubblicistica fuffarola al limite della circonvenzione d'incapace (solo da noi la gente riesce a sbavare per un presidente della Repubblica con i trascorsi di Napolitano), dubito sarebbe stato in grado di farsi amare come nonno ideale da qualsivoglia infante delle nostre contrade, se non avesse accompagnato la sua breve marcia verso il fisco perfetto con la grancassa mediatica della sobrietà fatta dio nella patria degli emotivi eccessivi. La ministra coccodrillona, lungi dall'assestare un pedatone tecnico a Susanna Pannarancida, è ancora ferma al ditino ammonitore, non sapendo manco dove ficcarlo per dimostrare di non essere una profia saputella facile allo stress per le maratone infinocchiapopolo. Incartandosi sull'articolo 18, sospinta dalla Marcegaglia ancora indecisa su cosa farà da grande, una volta ceduta la poltrona di generalessa dei confindustrioti - a proposito, è valso anche per lei il legittimo impedimento riguardo ai maneggi con Vendola? -, Lady Tears ha procrastinato ogni altra misura atta a far respirare l'imprenditoria in apnea. No, non la crisi è finita, ma la favola bella degli ammazzaspredde che ieri ci illuse, che oggi ti illude, o coglione!  

domenica 11 marzo 2012

Il capitano Ultimo rifiuta la prescrizione

Ultimo è commovente, ma fuori dal mondo. Sicuramente è un uomo orgoglioso, e talora l'orgoglio porta a gesti irrazionali. Se si trattasse di uno sceneggiato televisivo, la battuta del capitano suonerebbe magnificamente in bocca a Raoul Bova, quantunque costui non sia certo un attore da Oscar. Quando i togaccioni si stancano delle partite a tennis e dei convegni sullo stato della giustizia, allora interviene la prescrizione, per evitare loro di affaticarsi ulteriormente sulle cause davvero ingarbugliate o politicamente meno significanti. Il massacro mediatico degli imputati ha intanto fatto il suo corso e il grosso pubblico può tornare agevolmente a interessarsi di gossip. Tanto, come cantava Guccini a proposito di altre questioni, "ci sarà sempre un musico, un teoreta, un Bertoncelli, un prete, a sparare cazzate". Ecco, se esistesse la patente di magistrato, la prescrizione potrebbe davvero servire a togliere punti all'ermellino di turno. Non siamo forse in un Paese nel quale un piemme si offende se qualcuno scrive che non ha lo spessore per concepire un golpe? Su faccende del genere, interverrà mai la prescrizione?

mercoledì 7 marzo 2012

Fatti fessi dal terzomondo d'antan

Brasile e India sono paesi tosti ed emergenti, ma le rispettive popolazioni, benché il PIL di entrambi si rizzi non poco, continuano a vivere in gran parte in miseria. Brasile e India ci hanno sfrucugliato mica male, con le vicende di Battisti e dei marò, e tuttavia l'Italia è in prima fila nel riempirli di soldarelli, con le ONLUS che ci lavorano e con i progetti governativi di cooperazione sul territorio. E se chiudessimo i rubinetti? Se il Brasile se la tira, e poi si ritrova, per esempio, un esercito straccione, che senso ha che l'Italia foraggi un paese così ricco di contraddizioni? I buonisti con il culo al caldo potranno aiutare privatamente un governo tanto sconsiderato come quello dell'ex terrorista Dilma, giusto per colmare le loro ambasce nei confronti degli abitanti delle favelas, che certo non vedranno un picco di quelli nostri destinati alla cooperazione. L'India sbatte in bujosa i marò tricolori, pur promettendo che li accudirà cucinando loro gli spaghetti, per tirare sul prezzo, alla stregua dei furfanti iracheni che si spupazzarono la Sgrena o le due Simone. Sono pronto a scommettere che le famiglie dei pescatori ammazzati non si sa bene da chi resteranno a bocca asciutta, mentre qualche politicante o poliziotto o financo togaccione della patria di Gandhi, e magari l'intera triade, si sollazzerà con il contenuto di una valigetta per adesso ancora nelle mani di Terzi di S. Agata. In fondo, i potenti yankee non si dovettero acconciare a restituirci quella sfracellagingilli della Baraldini, che veniva data per moribonda, al fine di riavere indietro i due idioti, pur soggetti al codice militare USA, che avevano provocato la tragedia del Cermis? Terzomondo una cippa: in diplomazia, vince chi ha più da offrire. Personalmente, tifo per il ritorno di Latorre e Girone, che ad occhio paiono di una tempra superiore a quella di Cocciolone. Se poi ci metteranno un'altra accisa sulla benzina per recuperare con gli interessi il capitale sborsato, vabbuò, sarà stato per una buona causa! Non mi figuro Monti con la bava alla bocca, deciso a stracciare i permessi di soggiorno degli incolpevoli cittadini indiani accasati chez noussarebbe innanzitutto una vigliaccata, e poi li sentiresti, gli strilli delle damazze private del ristorante etnico che ti serve il riso al curry o, ancor peggio, costrette a cercarsi nuovi domestici... E la Fiat, che minaccia di chiudere un paio dei suoi siti sul suolo patrio, come farebbe a stringere ancora rapporti con la Tata? Quasi quasi, visto il ritardo delle nostre pubbliche amministrazioni nell'informatizzarsi, perché non comprare in blocco i computer da Nuova Delhi, insieme ai tecnici, per accelerare la pratica? Sempre meglio che farsi bidonare dallo svizzero Carletto...

domenica 4 marzo 2012

Nimby Kids

L'Istituto Bruno Leoni mette il dito sulla piaga: i governi hanno finora pompato ingenti somme da Mastriccionia per un'opera faraonica destinata a concludersi quando gli attuali giovanotti arrabbiati e traliccianti saranno prossimi a diventare nonni. E pensare che nei cantieri ci sta la crème de la crème dell'imprenditoria assistita, che non si fa scrupolo di ricorrere alla manovalanza straniera, beffandosi giustamente della bufala che vorrebbe il TAV quale irripetibile occasione per gli sfigati valsusini senza posto fisso (sull'eventuale indotto stendiamo un velo pietoso...). Tuttavia, la protesta ormai trascende la stessa costruzione della ferrovia - "diminuzione dei cavalli, aumento dell'ottimismo" - e non si può ignorare che la Bassa Valsusa, già patria di 'resistenti traditi' e serbatoio per Prima Linea, stia facendo le prove per l'insurrezione prossima ventura. Considerando la durata e la continuità delle manifestazioni, siamo ben oltre la jacquerie luddistica: siamo in pieno ludus pre-rivoluzionario, all'anti-G8 permanente, con le inevitabili ricadute di credibilità per chiunque stia adesso a Roma. Alberto Perino, capo della sollevazione, è un vecchio arnese del PSI craxiano, dove frondeggiava a livello locale, non avendo evidentemente i numeri per ambire più in alto: se non ricordo male, si annidava all'interno della società autostradale cui ieri i manifestanti hanno immobilizzato con il nastro da pacchi le sbarre di passaggio ai caselli e oscurato le telecamere. Un piccolo ras del clientelismo paesano metamorfizzatosi in masaniello forse aspirante al laticlavio. Che il TAV sia cosa buona e giusta è forse ancora, a distanza di vent'anni, da dimostrare, ma è evidente che l'allevamento dei fancazzisti picchiatori è fiorentissimo. Lenin, che era un dittatore, a questo punto non si sarebbe certo posto la famosa domanda "che fare?". La democrazia, purtroppo, soffre di blackout nel rispondere al medesimo quesito, facendo prudere le mani financo ai pacifici. Speriamo in una replica della 'marcia dei quarantamila', che parta stavolta dall'Alta Valsusa. Sempre che non avvenga un generale menar di mani tra i Nimby Kids di ogni dove, là confluiti, e gli amici del commercio non soffocato.

lunedì 20 febbraio 2012

Lo spacco che spaccò l'Italia (fino al prossimo dialogo sui massimi sistemi...)

Quelli che mettevano i mutandoni alle ballerine dei varietà televisivi, fosse solo per ragioni anagrafiche, dovrebbero ormai - l'ultimo è stato un tizio la cui fama sarebbe stato meglio restasse confinata a uno schiaffo dato a una signora in decolleté - avere raggiunto l'altra sponda (nel senso che si dava una volta a tale espressione), ma nel frattempo sono sorti altri più pericolosi nemici del sesso gioioso: purtroppo, certi libertini e libertari invecchiati male, dopo avere goduto in gioventù dei sapidi frutti della liberazione dell'eros, scopando come ricci fra un'assemblea studentesca e un dibattito da cineforum, si sono trasformati in rancidi istrici, complice una sociologia onnivora che ha fagocitato pure l'amore spensierato, alla boia d'un giuda, riducendo tutto a "un fatto di clima, non di voglia". Lungi dal confessarlo, hanno eletto a loro patrona (occulta, per carità) Santa Belen Martire, fingendo che i suoi occhioni sgranati nascondano la sofferenza di una calendarizzata suo malgrado. Proprio non riescono a farsi una ragione della mancanza di sobrietà di una farfallina che riesce a volar alto pure rimanendo a livello inguinale. Si meritano tutti una cena a lume di candela con la Fornero e la Camusso a far loro piedino in contemporanea. Asini di Buridano della libido in loden. Con un tartufo come dessert.  

domenica 19 febbraio 2012

Farfallina distraente

Lady Tears, alias Elsa Frignero, come genialmente l'ha nomata un assiduo partecipante a un forum di destra, è una savonarolessa bigottona che invidia il tatuaggio inguinale di Belen. Tutto il bailamme mediatico sulla discesa di scale (sideralmente lontana, se ne converrà, dall'incedere di una Wandissima) della guapa dagli occhioni sgranati e dalle natiche epiche (copyright di Selvaggia Lucarelli su Libero), è la cifra del principio di distrazione cui vorrebbe condannarci la Lodensprung al potere, che preferisce discettare sul nulla - in senso letterale - propinatoci dalla tivuaccia di stato per evitare al rosicamento dei sudditi per la balzellomania imperante di trasformarsi in una gigantesca jacquerie che tutto travolga. L'illusione di anestetizzare il popolino con un dibattito sulla farfallina belenesca è figlia di un elitarismo bastardo, tipico dei finti competenti che si beano del coro laudatorio dei gazzettieri cortigiani, fingendo che il disgusto di quanti sono costretti a vivere da spettatori, senza manco il conforto del telecomando per zappingare via le biffe degli usurpatori della democrazia, le gesta tassatorie di una manica di nati con il cucchiaio d'oro non possa alla fine tracimare in una violenza ateniese, sghignazzando delle lacrime da stress di una profia abituata all'Empireo. Pur non condividendo uno iota delle idee dello sciacallo Vauro, trovo fulminante la vignetta in cui un nerboruto operaiaccio si pone sulle ginocchia una Fornero singhiozzante a pieni polmoni e, calatele le mutandine cesellate (e firmate, ça va sans dire), la sculaccia con foga proletaria, ripetendole didatticamente: "Quante volte ti ho detto che l'articolo 18 non si tocca?".

sabato 18 febbraio 2012

Vile, tu uccidi un cavallo morto!

In fondo, Celentano si è mostrato fedele a se stesso o, meglio, al proprio personaggio di incoerente al cubo, tale più per superficialità e incultura che per macchiavellismo. Di nuovo, c'è che se la sia presa con i preti e con la stampa cattolica, solo un attimo prima che Mariolone sdoganasse il tabù della Chiesa abbarbicata al proprio patrimonio immobiliare esentasse. Adriano precursore? Bah, il quotidiano della CEI e, soprattutto, la rivista dei Paolini, impermalositi per l'inattesa stoccata, hanno reagito come pulzelle violate, immemori del ruolo ricoperto in tutti questi anni sul palco dell'antiberlusconismo programmatico. L'antico Molleggiato non si è mostrato sobrio al cospetto dei telespettatori e della platea di eccellenti inamidati dell'Ariston e ha toccato i nervi scoperti di gente superciliosa, autoconvintasi per ragioni alimentari di stare nel miglior mondo possibile. Se il guitto ha toppato, la manageressa cattolicona si sarà sentita un focherello lambirle le terga, e magari le saranno pure fischiate le orecchie, non soltanto metaforicamente, per qualche telefonata che mai avrebbe voluto ricevere, ma la colpa, ahiLei, è stata soltanto sua. Monti da Fazio ha sussurrato di importanti novità in vista per il carrozzone di Viale Mazzini? L'unica che riuscirebbe a smuovere i telespettatori dal torpore sarebbe la chiusura totale. Si dichiari la bancarotta del servizio pubblico e ognuno vada per la sua strada.

mercoledì 15 febbraio 2012

Cinque cerchi e nessuna botte

Per una volta, il bassotto italiano della sora Angela l'ha azzeccata e gliene si renda merito: il sogno olimpico di Alemanno, che sperava di far dimenticare al volgo la figura da pupazzo di neve rimediata con il colpo basso del meteo cinico e baro, impugnando la fiaccola dei Giochi a mo' di clava, si è infranto contro il niet di un Monti impossibilitato a ignorare quanto la catastrofe greca di oggi sia debitrice anche verso la follia di avere voluto che la massima manifestazione sportiva mondiale si svolgesse all'ombra del Partenone otto anni or sono. E l'equazione con il Cupolone sarebbe stata servita calda calda al rigorista che avesse ciccato un pallone così facile. I mugugni della cricca già ghignante per il terremoto aquilano saranno giunti forse fino al trono di Zeus, ma, siccome lo stesso padre degli dei conta oggi meno di San Napo, nessuna folgore scenderà a consolare i fautori del panem et circenses.  

venerdì 3 febbraio 2012

I togaccioni sono tutto fuorché stupidi: hanno annusato il vento e capito benissimo che la loro casta è forse ancor meno amata e stimata, se possibile, di quelle dei partitanti e dei gazzettieri, soprattutto perché più dannosa di entrambe le altre. Rinunziare ai privilegi e giocarsela ad armi pari con le proprie vittime? L'ermellino è un feroce mustelide, con il gusto sadico del cacciatore, pronto a sbranare ogni preda un poco più piccola e debole di lui. Il potere gli è stato dato da un pavido branco di allegri topastri convinti di essere in grado di separare i territori di caccia a danno di animali meno scaltri. La follia maggiore è stata agganciare gli emolumenti di coloro che erano semplici impiegati statali alle prebende sempre crescenti dei bramini della politica, il cui ultimo pensiero è quello di rispettare il proprio preteso sacerdozio. Amministrare la giustizia è compito che farebbe tremare le vene e i polsi a ogni cittadino di onesti sentimenti, donde il sospetto che quanto preme davvero ai signori giudici e pubblici ministeri sia piuttosto non perdere la competizione con chi li ha trasformati in ricconi fanatici.

domenica 29 gennaio 2012

Io non ci sto!

Il sepolcro imbiancato inventore della nefasta par condicio era già da lunga fiata caduto nel dimenticatoio riservato ai mediocri non più utili agli spacciatori di verità adulterate, altrimenti conosciute come menzogne di regime. Regime mediatico, non meno pernicioso di qualsivoglia altra dittatura. Solo la morte riconduce siffatti simulacri di hombre vertical al disonore della prima pagina, soprattutto quando la loro esaltazione risulta funzionale alla propaganda del momento: il ditino levato del madonnaro vale quanto le vacuità retoriche del carrista di complemento dell'Armata Rossa oggi in auge. Credo che un Alighieri redivivo assegnerebbe al signor Noncisto un sobrio loden infuocato all'interno.