martedì 27 marzo 2012

Calabresi santino della sinistra?

Assolto dal regista cantore de La meglio gioventù (troppo buono... !) per il defenestramento di Pinelli, sembra proprio che il commissario Calabresi si avvii a diventare una micro-icona del popolo di sinistra ai tempi dello 'spredde' e della confusione mentale sui salvatori d'Italia a colpi di balzelli. Pare, insomma, che siano state le sempiterne forze oscure della reazione in agguato a decretarne la morte, 'sparandolo' a tradimento per impedirgli di far luce sulle loro sporche mene. Ancora deve uscire nelle sale l'ultima fatica cinematografica dell'ineffabile paraculo Marco Tullio Giordana, che piglia le mosse dall'eccidio di Piazza Fontana per riscrivere, alla stregua d'un bignamino del politicamente corretto, un biennio cruciale della storia italiana, fino all'annientamento fisico di un coraggioso funzionario di polizia già massacrato ripetute volte in effigie dalla peggio intellighenzia italiota, coalizzata contro un sol uomo, ridotto a uomo solo, a imperitura vergogna dell'alta borghesia progressista di quegli anni e degli anni a venire, e già fioccano le polemiche, che il furbo filmarolo contiguo a tale ambiente sfrutterà per pubblicizzare il proprio 'capolavoro', dove è presumibile che il taciuto sovrasti di gran lunga financo le verità di comodo da inoculare a spettatori per lo più ignari di quell'epoca travagliata. Ci sono tanti modi per ammazzare una persona dopo la morte, e l'ipocrisia, la reticenza programmatica, il travisamento cercato, sono l'estremo tentativo di seppellire l'ombra di Banquo dei nostrani rivoluzionari da salotto. Farsi belli con il parce sepulto riservato al nemico di classe è l'ultima astuzia di una manica di mediocri nostalgici dell'egemonia culturale che fu. Un soprassalto inquietante, che ci auguriamo non venga metabolizzato dagli adoratori del vuoto pneumatico oggi diffuso.

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