sabato 15 settembre 2012

Tutti addosso al Marchionne pinocchio

Non ho mai avuto una particolare simpatia, forse perché torinese, per i vertici FIAT, a cominciare dal sopravvalutatissimo Avvocato con l'orologio sopra il polsino. Ho sempre pensato che la massima industria automobilistica italiana, oltre a produrre catorci smerciabili solo a gente di bocca buona e dal portafoglio in gramaglie, fosse brava esclusivamente nel privatizzare i profitti e socializzare le perdite, facendosi aiutare in maniera sfacciata da governi di calabrache di vario colore. Ma oggi mi debbo forse ricredere, sempre che l'uomo dal maglioncino non mi sorprenda con l'ennesima giravolta, che sembra un po' il suo vero marchio di fabbrica: due anni fa, in pompa magna, il fratello normale di Lapo aveva annunziato che, sì, il colossino nato dall'intesa con la Chrysler non si sarebbe disimpegnato dall'attività nostrana e, anzi, le avrebbe dato nuovo impulso. Adesso ci vengono a dire, il Sergio e il John, che non è cosa, che ci hanno ripensato, che il progetto 'Fabbrica Italia' non gusta più ai piani alti di corso Marconi. E il guaio è che, pur fedifraghi e mancatori di parola, hanno ragione loro. Lasciamo perdere Nostra Signora della Permanente e Bonanni-D'Artagnan, che in fondo fanno (male) il loro lavoro, che è lo stesso da cinquant'anni e più, e per il quale li dobbiamo ringraziare dal profondo del cuore, giacché, se non ci fossero, i nostri partitanti non potrebbero tirar fuori a ogni pié sospinto la magica paroletta 'concertazione'... ma che ci fanno, nel coro dei bacchettatori di Marchionne, la leonessa Elsa e il passerotto Corrado, ministri di un governo sedicente tecnico, infarcito di professoroni di economia, che dovrebbero capire per primi le ragioni di un'impresa? La FIAT ha munto finché ha potuto dalla mammella dello stato, creduta inesauribile fino a quando la parolaccia 'spread' non è entrata prepotentemente nel vocabolario di tutti gli avventori di tutti i bar d'Italia. Sergio e John, due anni fa, annusavano un'aria meno mefitica di quella odierna, a prescindere dai loro tubi di scappamento, se li vogliamo considerare sinceri (come se ce ne fregasse assai...), ma le convenienze si misurano sul numero di bastoni che la politica mette fra le ruote di chi voglia davvero decollare e non semplicemente rollare sulla pista. Quando non si può più vivere di rottamazioni, i rottami si riciclano. Magari fuori dai confini.