lunedì 22 luglio 2013

La cultura del sospetto pedala

La rutilante e altamente scenografica conclusione del 100° Tour de France, con la luna a far da spettatrice alla cerimonia con la quale Chris Froome è stato incoronato re della corsa gialla, parrebbe avere convocato le ombre della sera a sigillare metaforicamente le polemiche e i sospetti sul dominatore del Ventoux, costretto quasi sino alla fine della gara a lottare, oltre che contro gli avversari in bicicletta, per non venire massacrato dal plotone della stampa internazionale, cui sono stati consegnati quale offa sacrificale fior di referti sui valori riscontratigli negli ultimi due anni di attività, da fermo e sotto sforzo. Giusto per far proclamare a qualche 'esperto' che, no, il ragazzo keniano cresciuto in Sudafrica e approdato in Italia per diventare corridore professionista, non è un extraterrestre, né un prestigiatore col trucco incorporato. Oddìo, sulla prima qualifica, se escludiamo il tarocco, si potrebbe discutere, vista l'accelerazione in salita impressa ai pedali, degna di una vecchia comica, di quelle dove i poliziotti correvano dietro ai mariuoli o ai vagabondi tipo Charlot e volavano le torte in faccia, ma il guaio è che numeri del genere non li ricordiamo manco nel repertorio di Lance Armstrong, il quale è da dubitare si riveli ora una sorta di visitor squamoso e repellente. Vabbuò, ci stà che il timido spilungone abituato a dir sempre "grazie" a chicchessia e che i maligni sfruculiano come un robot radiocomandato incapace di guizzi propri (forse Sir Wiggins avrebbe da obiettare) possegga valori eccezionali, esaltati da una concezione monastica del mestiere ciclistico, e che solo il tempo ci ragguaglierà sulla tenuta di un campione differente da tutti gli altri. In effetti, sembra volteggino già sul suo capo gufi che gli pronosticano un rapido esaurimento delle batterie, ma potrebbe essere solo una questione d'invidia. Sincerità per sincerità, se molti hanno applaudito la glasnost dei maggiorenti Sky, vale a dire l'immediata disponibilità a squadernare, per usare un'espressione elegante, il numero dei peli nel naso di Froome, io trovo tutto questo molto triste; e se i mammasantissima della squadra foraggiata da Murdoch, che è un ras della comunicazione, daranno seguito alla promessa di permettere ai vampiri della WADA di tampinare i propri corridori fin dentro le più segrete stanze, cosa credete che comunicheranno al colto e all'inclita con siffatta trovata? La 'cultura del sospetto' (che è poi incultura allo stato puro) è appiccicosa, subdola, in grado di corrompere le migliori intenzioni. Per quasi tre settimane, un giovane atleta capace di gesta non comuni è stato tenuto sotto schiaffo con la stucchevole litania su doping e antidoping: non è giusto, non è corretto, puzza di inquisizione e fa torto all'uomo e a chiunque abbia deciso di fidarsi di lui. Personalmente, voglio essere lasciato libero di entusiasmarmi per le imprese di Chris, senza dovermi subire il berciare delle comari vogliose di spruzzargli addosso il fango. Se qualcuno mi dovesse rinfacciare un eccesso di ingenuità, gli potrei solo rispondere che non sono affatto convinto di un'evoluzione positiva dell'atteggiamento generale dell'ambiente ciclistico nei confronti della lotta al doping, ma che mi rifiuto di gridare "al lupo! al lupo!" solo per aumentare le tirature dei giornali. La crocifissione preventiva del campione britannico è stata quasi giustificata dalla stessa vittima, che ha definito 'normale' tale accanimento dopo la deflagrazione dell'affaire Armstrong, arrivando a sostenere che sarebbe successo con chiunque altro al suo posto. Troppo buono, caro Chris! C'è gente che ti ha nel mirino fin da quando qualche scriba scrupoloso ha rammemorato un tuo vecchio ribaltamento sul colle di San Luca e una tua esclusione dal Giro per traino, tralasciando i tuoi problemi causati dalla bilharziosi. E le gogne non sono facili da sconfiggere: adesso che sei arrivato a Parigi, devi ancora raggiungere i cuori dei tifosi. Auguri!

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