mercoledì 27 febbraio 2013

Piatti di lenticchie e sindrome di Custer

Il grido grillino "arrendetevi, siete circondati!" non era certo campato in aria, se più della metà dei vecchi inquilini del Palazzo assediato ha dovuto fare le valigie e mollare le dorate stanze, rinunziando ai privilegi della casta parlamentare, per barattarli in ogni caso con buonuscite tutt'altro che disprezzabili e financo insultanti, nella temperie attuale, per la stragrande maggioranza di quanti hanno contribuito con il proprio voto a un così massiccio ricambio di Camera e Senato. Gente che va, gente che viene, in una sarabanda inevitabilmentea un po' stucchevole, viziata dall'afflato agiografico di chi già s'ingegna a lisciare il pelo a un centinaio di ragazzotti miracolati dall'illusione di fare piazza pulita che accompagna l'irrompere delle truppe cinquestellute nelle aule non più sorde e grigie del potere romano. Era sincero o raccontava balle, il comico genovese, poco prima che si aprissero i seggi, confessando la propria inquietudine circa la possibile esplosione di consensi pendente per interposta persona, come si sarebbe visto di lì a poco, sulle teste ricciolute sua e del sodale Casaleggio, capi-non capi del movimento tellurico partito dai recessi della Rete fino a spalmarsi sull'intero Paese? Insomma, il Beppe ci fa o lo è, il meduseo pietrificatore del sogno piddino di condurre finalmente la danza, evitando teste di turco democriste o tecnocratiche che coprano il culo alla sinistra mentre fa fessa la nazione? Bersani, povera anima, in cuor suo maledirà il non aver tenuta avvinta a sé la pompa di benzina in quel di Bettola, dove pure lo hanno spernacchiato i berlusconiani di casa, costretto com'è dalla congrega rossa - saranno essi i veri amici del giaguaro che avrebbe dovuto smacchiare? - a calarsi nei panni del Gran Mogol impegnato a blandire le Giovani Marmotte saputelle seguaci di Grillo per non fare comunella con el Burlador di Arcore, capace di rifilargli uno stallo da far invidia a un maestro internazionale di scacchi? Si sfiati pure l'onesto Sansonetti, autentico Quixote della sinistra barricadiera, dalle putride colonne del giornalaccio di Belpietro, a raccomandargli il superamento al contempo (must renziano della prima ora, quali altri mai ci furono) di berlusconismo e antiberlusconismo, fino a issare l'orripilante Cav in cima al Quirinale, per pacificare alla fine un'Italia mai così divisa, manco nei feroci anni Settanta, quando imperavano chiavi inglesi e P38 e circolavano figuri alla Cesare Battisti. All'epoca, il giovane Bersani sgambettava nell'Emilia felix da funzionarietto rampante addetto allo sgrassaggio della cinghia di trasmissione con le COOP, per la gloria del partitone guidato dal Divin Marchese Enrico Berlinguer, e mai si sarebbe sognato di dover minacciare un giorno sbranamenti di quanti ficcanasassero dalle parti di Montepaschi, che era solo un altro feudo distinto da quell'Unipol coccolata dai ras installati da Botteghe Oscure nel suo versante di Appennino (il futuro incubo degli aparatchik Renzi ancora giocava all'oratorio, per nulla sfiorato dall'idea di concorrere alla Ruota della Fortuna). Ora, l'omonimo del cantante Samuele e della buonanima del giornalista Lello, espertissimo di cinema, che forse avrebbe visto in Pierluigi soltanto un discreto figurante, viene da quella storia lì, e hai voglia di ricordarne le lenzuolate sotto il reame di Mortadella, scandianese rancoroso puzzante di ambizioni quirinalizie già prossime a deteriorarsi, per contrabbandarlo quale liberale tra i liberal spuri di casa nostra, in grado di superare i livori sparsi a piene mani durante una campagna elettorale all'insegna delle offese. Specialmente se ti franano sotto i piedi i Monti e s'incasinano i Casini, afferrati per la collottola un istante prima di andare a fondo come certi sub troppo presuntuosi. Dipendesse da lui, forse forse, Bersani accetterebbe la mano di Silvio, senza manco turarsi il naso od altro orifizio, giacché non è uno sciocco, ma ci hanno già pensato i brillanti strateghi della guerra al monellaccio toscano, a sussurrargli che sarebbe una genialata coinvolgere Grillo, al netto delle contumelie immediate di costui, che adesso vuole l'intero piatto, e magari c'è il bluff, ma vatti a fidare di uno che sta fuori dal Parlamento e puoi piangere in cinese che San Napo gli cali addosso un laticlavio a vita, giusto per farsi sputare in entrambi gli occhi. Il bokkoniano sfigato n° 2, lo Stefano Fassina che vanta più master di Giannino, cogita di acchiappare il Grillo con una retina per farfalle, tipo la presidenza della Camera a una pivellina/pivettina qualsiasi, sì da costringerlo a impelagarsi in un governozzo che appalesi l'inadeguatezza del personaggio, ma il gioco sembra già essere stato sgamato dal giullare, che infatti ha sbraitato subito contro l'immangiabile piatto di lenticchie. E torniamo al quesito irrisolto di poc'anzi: che animale politico è il Beppe, se considera sua missione svuotare la scena di tutti i partitanti rimasti, pretendendo di non pagare dazio? Chi non s'accontenta non godrà? "Arrendetevi, siete circondati!". E' la sindrome di Custer a Little Big Horn o un modo brusco per ribadire che, in ogni caso, non saranno fatti prigionieri? A questo punto, se Grillo sapesse suonare la tromba, potrebbe intonare il De Guello, non dimenticando che, fra i suoi giovanotti entusiasti e digiuni di imboscate parlamentari, si potrebbe nascondere qualcuno disposto a salire sul TAV e anche ad investirlo. Speranza deboluccia, ammettiamolo, ma ogni generazione è suscettibile di spiccare il balzo precluso a quella precedente e financo gli Scilipoti hanno un'evoluzione.

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